Come vi avevamo ampiamente documentato, la scorsa settimana sui media sono arrivate diverse indiscrezioni su di un possibile tapering degli acquisti da parte della Banca Centrale Europea. Le indiscrezioni, rilanciate principalmente da Bloomberg, sono poi state formalmente smentite dal vice presidente della Banca centrale Constancio. A poca distanza Draghi, dal meeting del Fondo Monetario Internazionale, ha in merito ripetuto che “la BCE manterrà inalterate le attuali condizioni finanziarie ultra accomodanti” e ha inoltre rassicurato che “il quantitative easing andrà avanti fino a marzo 2017 e oltre, se necessario”. Una dichiarazione che dovrebbe essere confermata nella riunione di questa settimana e che, in fondo, non fa altro che riflettere le aspettative che erano maturate già nel corso dell’ultima riunione, quando gli osservatori iniziavano a sospettare che la BCE potesse effettivamente rilanciare la scadenza del quantitative easing (salvo poi accontentarsi di un generico annuncio su un simile comportamento futuro).

Tuttavia, se è vero che a settembre non si è discusso né di tapering né di un’estensione del programma nei termini attuali, riteniamo molto più probabile che nella riunione in programma in settimana il Consiglio apra il dibattito su cosa fare dopo marzo. Oltretutto, la scadenza di marzo 2017 non è così lontana (soprattutto in termini di “riunioni” utili!) e il Consiglio è ben consapevole della crescente scarsità di carta ammissibile all’acquisto su alcuni mercati – in primis quello tedesco. Del resto, già a settembre il Consiglio aveva istruito i gruppi di lavoro competenti per valutare le possibili modifiche ai parametri operativi del programma “in modo da garantire un proseguimento ordinato” e pertanto, anche sulla base di ciò, non dovrebbe certamente sorprendere assistere a una eventuale presa di posizione della Banca in tal senso.

Per quanto ovvio, ciò non significa che il Consiglio possa arrivare ad una decisione già la prossima settimana. Del resto Rimsevic, il 9 settembre, aveva indicato che “i lavori di revisione del quantitative easing sarebbero andati avanti fino a dicembre”. Entro gennaio, il Consiglio dovrà inoltre decidere se estendere gli acquisti di 80 miliardi al mese ancora per tre o sei mesi o cominciare a scalarli, sia pure ad un ritmo molto graduale.

A nostro giudizio, per il momento è probabile che il Comitato stia virando verso un probabile allungamento del quantitative easing (e magari a una parziale modifica della sua struttura). Tuttavia, un’estensione del programma ai ritmi attuali non è scontata e formalmente i verbali della riunione di settembre indicavano che le decisioni future del Consiglio dipendono sia dall’andamento dei dati che dalle prospettive per la dinamica inflazionistica, in particolare di prezzi dei servizi e salari. Inoltre, dai verbali era emerso come ulteriormente elemento discriminante anche quello legato alle condizioni finanziarie e alla dinamica del credito.

Probabilmente, gli atteggiamenti attuali da parte dell’istituto monetario di Mario Draghi derivano dal fatto che la BCE è pienamente consapevole che il mercato si aspetta un aumento dello stimolo monetario nei prossimi mesi. I verbali della riunione di settembre e le dichiarazioni di Constancio specificano che “le stime dello staff BCE di settembre” più ottimiste di quelle di consenso “incorporavano le attese di mercato sui tassi a breve e più lungo termine e, quindi, indirettamente le aspettative di un aumento dello stimolo monetario”.

In tal senso, le condizioni finanziarie nella zona euro sono sicuramente piuttosto accomodanti, considerando che il rialzo dei rendimenti governativi area euro delle ultime settimane, al seguito di quelli americani, è stato compensato dal movimento del tasso di cambio effettivo e dal recupero dei corsi azionari. Tuttavia, l’esperienza americana insegna che indicazioni di un’uscita, sia pure non imminente dal quantitative easing, hanno un effetto restrittivo sulle condizioni finanziarie ed in particolare sui governativi e sui corsi azionari prima ancora che il tapering abbia inizio. La BCE non vorrà certo ignorare gli effetti di una potenziale riduzione degli acquisti sulle condizioni finanziarie e sulle prospettive cicliche. Di fatti, Praet ha dichiarato che “un’uscita troppo veloce rischia di compromettere la ripresa”. La decisione però dipende, come sottolineavano i verbali, anche e soprattutto dall’evoluzione dei dati. Vasiliauskas (Lituania, votante alle riunioni di ottobre, dicembre e gennaio) ha indicato che “sarebbe ragionevole considerare una graduale riduzione degli acquisti dopo marzo 2017, se le previsioni dello staff dovessero essere confermate”.

Una volta archiviate le scelte della Banca Centrale Europea, i nostri occhi saranno invece concentrati sul prossimo FOMC di inizio novembre. Anche in tal senso – come abbiamo anticipato più volte nel corso delle ultime settimane – niente è stato per il momento deciso. Sia sufficiente ricordare come le dichiarazioni di Yellen & co. non abbiano certamente rappresentato uno sbilanciamento particolarmente eclatante, e che tutti gli scenari sembrano per il momento rimanere aperti. Avremo modo di tornare su tali temi nelle prossime settimane. Per il momento, confermiamo lo scenario centrale di mantenimento dell’attuale livello dei tassi a novembre, e rialzo di 25 punti base a dicembre.