Scorrendo tra le varie voci contenute nella busta paga si può trovare anche quella denominata contributo FAP: non sono molti ad avere ben chiaro il significato di questo acronimo e non tutti sanno cos’è e a chi spetta questo tributo. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su questo misterioso argomento.

Cos’è il contributo FAP?

Il contributo FAP è il contributo per il Fondo Adeguamento Pensioni e può essere indicato come la più importante fonte di finanziamento per la futura pensione del lavoratore; si manifesta come una trattenuta dallo stipendio mensile: l’aliquota è interamente a carico del lavoratore ed è pari al 9,19% per chi lavora in aziende che hanno meno di quindici dipendenti e al 9,49% per le aziende più grandi; quello 0,30% di differenza viene utilizzato per il fondo per la cassa integrazione, quell’ammortizzatore sociale a favore dei lavoratori che si trovano in condizioni di precarietà perché la loro azienda ha sospeso o ridotto la loro attività (questo ammortizzatore sociale non è previsto per le aziende che hanno meno di quindici lavoratori).

Le aliquote non cambiano solo in base al numero di dipendenti dell’azienda, ma anche in base al tipo di contratto di lavoro: per chi ha un contratto di apprendistato l’aliquota scende al 5,84%, mentre nelle cooperative c’è la possibilità di versare i contributi in convenzione (l’aliquota viene applicata su un numero di ore inferiore rispetto a quelle realmente lavorate). Il contributo FAP si calcola sull’importo lordo della busta paga; il suo versamento è un obbligo per il lavoratore e il suo scopo è quello di adeguare al costo della vita l’importo della pensione che si otterrà quando si lascerà il mondo del lavoro.

Chi lo deve pagare?

Il contributo FAP viene pagato dai lavoratori del settore pubblico, mentre i lavoratori del settore privato (lavoratori dipendenti, commercianti e artigiani, giornalisti iscritti all’INPGI, mezzadri, coltivatori diretti, coloni, imprenditori agricoli professionali, artisti dello spettacolo, collaboratori autonomi iscritti alla gestione separata) devono pagare il contributo IVS (invalidità, vecchiaia, superstiti), che prevede un’aliquota compresa tra il 24% e il 34% a seconda di diversi fattori come il reddito, il tipo di lavoro, l’età del lavoratore, il reddito aziendale e così via.

Una volta raggiunta l’età di andare in pensione, il calcolo dell’assegno mensile verrà fatto sulla base dei contributi versati dal lavoratore e dal suo datore di lavoro per tutta la durata della vita lavorativa: sono gli effetti della riforma del 2011, che ha stabilito il calcolo delle pensioni con il metodo contributivo, eliminando il calcolo basato sulla media delle ultime buste paga ricevute.