L’attesa per i dati sull’inflazione è stata sostanzialmente rispettata e soddisfatta, visto e considerato che non sono state poi tante le sorprese nella giornata di pubblicazioni macroeconomiche (anzi). Per quanto ad esempio concerne la zona euro, quella di nostro principale riferimento, le stime finali dell’inflazione in ottobre hanno confermato il recupero a +0,5 per cento anno su anno per la misura headline, in linea con quanto già evidenziato dal dato preliminare pubblicato qualche giorno fa. Rimane stabile invece a +0,8 per cento anno su anno la misura core, che si conferma pertanto invariata per il quinto mese consecutivo avvalorando la tesi di uno scarso grado di pressioni sui prezzi dal lato della domanda interna e dell’inflazione sottostante.

La lettura di cui sopra è altresì ben coerente con quanto è avvenuto in merito all’evoluzione del CPI servizi che è cresciuto in ottobre dell’1,1 per cento anno su anno, in linea con la variazione di agosto e settembre. Il dettaglio delle componenti infatti mostra che il rimbalzo del CPI è stato guidato dagli effetti base connessi al costo del petrolio, con contributi positivi dai prezzi dei trasporti e dell’energia.

Come dicevamo, le poche sorprese sembrano riguardare non solo l’area euro, quanto anche quella dollaro, visto e considerato che negli Stati Uniti l’evoluzione del CPI segna un’accelerazione modesta per la componente headline ma non per quella core: passa infatti da +1,5 per cento a +1,6 per cento anno su anno la variazione finale dell’inflazione a livello aggregato, mentre risulta inaspettatamente in calo il dato core da +2,2 per cento a +2,1 per cento anno su anno in ottobre. Il trend complessivo per i prezzi rimane comunque positivo con il terzo incremento mensile consecutivo (in accelerazione da 0,3 per cento a 0,4 per cento mese su mese in ottobre), sostenuto anche da un aumento del 3,5 per cento su base mensile per i costi energetici.

A completare il quadro, i dati sul mercato del lavoro hanno visto un inatteso calo per le nuove richieste di disoccupazione, scese da 254 mila unità a 235 mila unità nella seconda settimana di novembre contro previsioni di 257 mila unità. Il dato ha così registrato la flessione più ampia da giugno mentre i sussidi continuativi sono scesi sotto la soglia dei 2 milioni di unità, al minimo da 16 anni a questa parte, confermando così il continuo miglioramento per il mercato del lavoro.

Uno sguardo anche sugli attesi aggiornamenti relativi all’andamento del mercato immobiliare, dove si riscontra un aumento record per le aperture di nuovi cantieri, saliti del 25,5 per cento mese su mese in ottobre a quota 1.323 mila unità, ai massimi da 9 anni a questa parte. Per le nuove licenze si registra un inatteso incremento (+0,3 per cento mese su mese) a 1.229 mila unità. Complessivamente, pertanto, le statistiche statunitensi sono risultate quasi tutte in linea o migliori del consenso, confermando una fase positiva non solo per il settore delle costruzioni, quanto per l’intera economica a stelle e strisce. Sicuramente una buona notizia per quanto riguarda gli economisti della Federal Reserve, che potrebbero sfruttare tale trampolino di lancio per poter orientare in misura ancora più convinta le proprie decisioni (oramai, scontate) di rialzo dei tassi di interesse di riferimento nel FOMC in programma a dicembre.

Limitati, almeno per il momento, gli effetti sul mercato valutario, che rimane più esposto ad altre variabili. Ricordiamo infatti come il dollaro sia rimasto in forte posizione ben prima della pubblicazione di questi dati, e che ha potuto consolidare contro il basket delle principali valute in un mercato dei cambi che vede variazioni minime rispetto all’apertura e dopo le parole della Yellen oggi al Congresso. Lo yen aveva ritracciato sotto 109 contro dollaro stamane, dopo che la BoJ ha condotto la sua prima operazione per ridurre il rialzo dei rendimenti sui titoli di stato giapponesi. In apertura di Wall Street il cambio euro/dollaro è in area 1,07 mentre il dollaro/yen sale sopra 109.

Uno sguardo finale anche alle materie prime, dove a regnare è l’attesa per la riunione OPEC di fine mese. Per il momento non si può che notare come l’avvenuto rialzo del petrolio dell’1,5 per cento, nonostante i dati sulle scorte USA abbiano diramato un’impressione di deciso accumulo, stia significando la fiducia degli operatori circa la messa in pratica del piano di riduzione della produzione OPEC, come deciso lo scorso settembre in Algeria. Stamane il ministro dell’Energia saudita Khalid al- Falih ha nuovamente ribadito il suo ottimismo: la formalizzazione di tagli e quote avverrà nel meeting ufficiale del Cartello (il 30 novembre a Vienna) ma intanto, domani a Doha, i membri OPEC si riuniranno informalmente per rinsaldare l’accordo al loro interno. Anche la Russia, che è un grosso produttore ma esterno al Cartello, ha espresso tramite il ministro dell’Energia Novak la volontà di sostenere l’iniziativa dell’OPEC. Il mercato resta però in una situazione di strutturale surplus che ostacola la risalita stabile dei prezzi.

A nostro giudizio, è comunque ben presto per poter sostenere una ampia e incondizionata fiducia su quel che potrebbe avvenire nella riunione in programma tra due settimane. Le variabili che potrebbero turbare il buon esito delle decisioni in pianificazione per la riunione dell’OPEC sono tante, e anche nell’ipotesi in cui tutti i Paesi aderenti decidano congiuntamente di “digerire” la riduzione delle quote, come da programma, le stesse potrebbero comunque non essere sufficienti per poter smaltire l’eccesso di offerta attualmente visibile. Si aggiunga inoltre come rimane da chiarire la posizione russa, che dovrà essere coinvolta, almeno indirettamente, in una più ampia strategia di riduzione della produzione globale, affinchè si possa ritrovare un più congruo equilibrio e, dunque, arginare il possibile mantenimento dei prezzi del greggio su bassi livelli, come accade oggi.

Manteniamo per il momento una posizione di stand by, in attesa di comprendere in che modo ci si avvicinerà a questo evento, con l’impressione che, in fondo, le sorprese potrebbero non mancare…