Nella sua nota semestrale “Le prospettive per l’economia italiana” l’Istat ha comunicato le nuove previsioni macroeconomiche per il 2016 e 2017. Sulla base del dossier formulato dall’Istituto nazionale di statistica, il Pil è visto in crescita di 0,8 per cento quest’anno (la precedente previsione, dello scorso maggio, era 1,1 per cento) e in lieve accelerazione a 0,9 per cento l’anno prossimo.

Per quanto concerne la domanda interna, l’Istat stima un rallentamento dei consumi all’1,1 per cento per il 2017, contro l’1,2 per cento di quest’anno, mentre prevede un incremento degli investimenti del 2,7 per cento nel 2017. Ancora, l’Istat stima un contributo ancora negativo l’anno prossimo sia dal commercio con l’estero che dalle scorte, con percentuali pari rispettivamente allo 0,1 per cento e allo 0,2 per cento. Il tasso di disoccupazione dovrebbe invece calare all’11,3 per cento nel 2017 dall’11,5 per cento del 2016. Ulteriormente, secondo l’Istat, dopo la variazione di 0,3 per cento su base trimestrale del Pil nel terzo trimestre, le prospettive a breve termine indicano una prosecuzione della fase di crescita seppure con ritmi più moderati, e probabilmente pari allo 0,1 per cento, con conseguente crescita per l’intero esercizio vicina allo 0,8 per cento (o poco superiore).

Commercio estero

L’Istat ha altresì pubblicato i dati relativi al commercio con i Paesi extra-UE a ottobre, i quali hanno mostrato un calo delle esportazioni dopo 4 mesi di crescita (-1,1 per cento mese su mese) a fronte di un sensibile aumento delle importazioni (+3,6 per cento mese su mese). Di conseguenza il surplus commerciale in termini destagionalizzati è sceso a 3,1 miliardi di euro dai 3,7 miliardi di euro del mese precedente (comunque in aumento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso). Sulla flessione delle esportazioni hanno contribuito soprattutto energia (- 5 per cento mese su mese) e beni di consumo durevoli (-4,5 per cento mese su mese), mentre l’unico comparto che registra una diminuzione dell’import è quello dei beni intermedi (-0,3 per cento mese su mese). Entrambi i flussi risultano in calo su base annua (export -2,3 per cento, import -5,5 per cento su base annua).

L’export continua a essere trainato dai Paesi asiatici (ASEAN +11,4 per cento, Cina +9,5 per cento, Giappone +7,5 per cento), mentre si registra una flessione a due cifre per Turchia (-16,5 per cento) e Russia (-12,3 per cento). Da notare che tornano in rosso, dopo il rimbalzo di settembre, gli Stati Uniti (-1,8 per cento) mentre vira in positivo l’OPEC (+1,7 per cento). Da registrare anche il balzo dell’import (su ritmi superiori al 20 per cento) da India e Turchia. Gli USA restano il Paese verso cui l’Italia vanta il maggior avanzo commerciale, all’estremo opposto si conferma la Cina. Il dato segnala che anche il trimestre in corso potrebbe vedere un contributo negativo dal commercio con l’estero (per lo meno dai Paesi extra-UE), pertanto la ripresa dovrà continuare a poggiarsi almeno per il momento ancora sulla domanda interna.

Stipendi

Le retribuzioni contrattuali hanno registrato un marginale incremento a ottobre (+0,1 per cento su base mensile), il primo dallo scorso giugno. Su base annua le paghe sono rimaste ferme a 0,6 per cento, che rappresenta un minimo da quando sono disponibili le serie storiche. Nel mese, l’incremento è dovuto alle applicazioni economiche previste dai contratti delle imprese creditizie (+0,9 per cento), degli alimentari (+0,8 per cento) e delle aziende municipalizzate per lo smaltimento dei rifiuti (+1,3 per cento). Su base annua, i settori che presentano gli incrementi maggiori sono: commercio (2 per cento), alimentari (1,8 per cento) ed energia elettrica e gas (1,4 per cento), mentre sono ferme le retribuzioni nei settori privati dell’agricoltura, delle estrazioni minerali, del legno, carta e stampa, dell’energia e petroli, delle chimiche, della metalmeccanica, dei servizi di informazione e comunicazione e delle telecomunicazioni, oltre che in tutti i comparti della pubblica amministrazione. In assenza di rinnovi (attesi da quasi il 60 per centodei contratti nel settore privato, oltre che dalla PA), la dinamica delle paghe orarie potrebbe toccare un nuovo minimo storico a 0,5 per cento su base annua nei prossimi mesi. Quel che è peggio è che la prospettiva di sia pur lenta risalita dell’inflazione potrebbe intaccare il potere d’acquisto delle famiglie dopo i progressi fatti negli ultimi due anni.