Deutsche Bank rischia una multa molto salata, e gli investitori penalizzano il titolo con una prestazione deludente sui mercati finanziari: è bastata infatti la richiesta delle autorità americane, che per poter mandare in archivio il caso sulla vendita di obbligazioni garantite da mutui subprime richiede 14 miliardi di dollari, per mandare in fase decrescente le quotazioni dell’istituto di credito tedesco, uno dei massimi big europei, con interessi in tutti i Continenti.

I fatti risalgono ancor prima dello scoppio della bolla dei mutui subprime (per intenderci, quelli che, nel 2008, portarono al fallimento della Lehman Brothers), e si riferiscono a una serie di operazioni talmente ampie e articolate, che secondo il Dipartimento della Giustizia statunitense giustificherebbe una richiesta monstre, quale quella dei 14 miliardi di dollari sopra accennata. Qualora la cifra venisse confermata, si tratterebbe non solamente di un importo tra i maggiori tra quelli che sono stati mai versati da un istituto di credito per poter risolvere delle simili questioni, bensì anche di un valore che risulterebbe essere superiore alle attese degli analisti, e dello stesso gruppo tedesco.

Come intuibile, è stata immediata la replica da parte della dirigenza della banca, che ha respinto (almeno, informalmente) la proposta di patteggiamento, giudicando come inaccettabile la richiesta. Qualche ora dopo è arrivata una posizione più ufficiale, con un comunicato nel quale ribadiva di non avere alcuna intenzione di pagare quanto richiesto dall’authority americana e, comunque, “non la somma citata”. Un’apertura minima, ma importante, che cela probabilmente la speranza che si possa giungere a una transazione per una cifra molto inferiore a quella che è stata avanzata dal dipartimento, con uno “sconto” che – d’altronde – non dovrebbe condurre a stupore, visto e considerato che già in passato altre banche avevano ottenuto simili trattamenti di maggiore favore.

Per il momento, la multa più salata è stata pagata da Bank of America, che nel corso del 2014 per chiudere una vertenza piuttosto complessa ha pagato ben 16,65 miliardi di dollari. Nel corso dell’aprile del 2016, invece, Goldman Sachs ha sborsato circa 5 miliardi di euro. Difficile prevedere quale possa essere la cifra giudicata come “buona” dall’istituto di credito tedesco o, meglio, quella che permetterebbe di chiudere una transazione. Per il momento, risulta essere piuttosto arduo cercare di comprendere quanto, del totale, andrebbe versato in contanti, e quanto andrebbe rimborsato direttamente ai clienti che furono fuorviati, andando così ad alimentare la bolla dei subprime, poi drammaticamente esplosa, andando a contribuire alla più grave crisi finanziaria dalla depressione degli anni ’30.

Anche alla luce di ciò, per il momento ci si può limitare a ricordare come, per una vicenda per certi versi simile (e per gli stessi prodotti), Citigroup, Jp Morgan e Morgan Stanley furono condannate a pagare circa 23 miliardi di dollari complessivi. Il valore dell’ipotetica multa, fino ad oggi, non era mai stato pubblicato, né era emerso da fonti stampa: il Wall Street Journal ha invece rivelato quello che potrebbe essere un importo davvero straordinario, a conclusione (a quanto pare, mancata) di una vicenda sorta a luglio scorso, quando si venne a sapere che le autorità USA stavano da tempo indagando su Deutsche Bank, e che l’istituto di credito tedesco aveva avviato una serie di negoziazioni finalizzate a giungere a un accordo con le stesse, come peraltro comunicato in diversi documenti depositati presso la Sec, l’equivalente americana della Consob. Il gruppo bancario non rivelò tuttavia mai quanto aveva accantonato per l’intesa con le autorità USA, limitandosi ad annotare che le riserve totali per i casi legali, al 30 giugno 2016, ammontavano a 5,5 miliardi di euro: una cifra evidentemente molto distante dai 14 miliardi di euro richiesti, e più in linea con quanto previsto dagli analisti…