Alla fine il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha dovuto ammettere: i dati sulle previsioni di crescita dell’economia italiana saranno riviste al ribasso durante l’aggiornamento delle stime che il governo elaborerà nel mese di ottobre. L’economia italiana, insomma, non sta crescendo come era desiderabile, e il risultato è che dopo la crescita zero registrata dall’Istat nel secondo trimestre, e dopo le previsioni di un Pil debole nei prossimi mesi, bisognerà armarsi di pazienza e limare un po’ le prospettive di crescita della nostra, falcidiata, economia. Non una grande sorpresa, comunque: pubblicati i dati Istat del secondo trimestre 2016, risultava pressochè impossibile pensare che l’economia italiana riuscisse a svoltare drasticamente rotta nelle settimane successive, e conferire pertanto al Pil l’accelerazione che sarebbe stata utile per poter rispettare le stime di inizio anno. Ma di quanto bisognerà rivedere la crescita tricolore?

Pil 2016

Anche se per il momento non possiamo che limitarci al novero delle previsioni e delle anticipazioni, è possibile che il Pil Italia 2016 possa allinearsi intorno allo 0,9% per l’anno in corso e tra l’1,1% e l’1,2% per il 2017, con una view negativa di almeno 0,1 punti percentuali. Ovvero, meglio entrare nell’ottica di idee che il Pil italiano possa avvicinarsi allo 0,8% per il 2016, per lo stesso ritmo di sviluppo del 2015. Molto lontano, dunque, da quanto elaborato nel Def di aprile, quando si stimava una crescita dell’1,2% per quest’anno e dell’1,4% per l’anno prossimo. Ad agosto, nel suo aggiornamento estivo, il governo aveva ricondotto all’1% la crescita del 2016, in linea con le previsioni internazionali. Ora, il nuovo scivolone.

Dichiarazioni Padoan

Non tutto il bicchiere è, comunque, vuoto. Il ministro dell’Economia ha infatti ricordato che l’economia italiana sta crescendo dopo tre anni di dura recessione e di perdita di capacità produttiva, generando nuovi posti di lavoro. Fatto salvo tale punto – peraltro, particolarmente contestato – Padoan ha anche ribadito le parole del premier Matteo Renzi, che ha dichiarato che le tasse continueranno ad essere abbassate ma che, almeno per il momento, non ci sono margini per il taglio dell’Irpef. Il taglio dell’imposta sui redditi delle persone fisiche potrebbe però arrivare il prossimo anno, quando l’esecutivo punta di reperire nuove risorse finanziarie dalla voluntary disclosure 2, la nuova operazione di rientro dei capitali dall’estero: la prima edizione ha portato in dote circa 4 miliardi di euro, e dalla seconda edizione si attendono numeri importanti, pur non certo prossimi a quelli sperimentati in occasione della prima tornata di rimpatrio volontario dei fondi.

Il ministro ha poi parlato di banche, sostenendo che il settore creditizio si starebbe muovendo nella giusta direzione, e aggiungendo che i numeri sui non performing loans (cioè, sui crediti deteriorati) nel nostro Paese, sarebbero “esagerati”. Il ministro ha anche ricordato come i crediti deteriorati siano per lo più concentrati in un ristretto numero di banche, e che le riforme messe in campo dal governo (come quelle che hanno colpito le popolari, le banche di credito cooperativo e le fondazioni) stanno effettivamente fornendo i loro frutti nella direzione di una nuova e positiva configurazione, che dovrebbe condurre alla formazione di banche più forti.

Ulteriormente, Padoan ha fatto un breve passaggio sul referendum costituzionale, previsto tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre (la data è ancora incerta), invitando a considerare quanto possa essere ampio l’impatto economico del referendum in termini di semplificazione della macchina legislativa, con la riforma del Senato che – ha sottolineato il ministro – potrebbe rendere più celere ed efficace il processo legislativo, e potrebbe finalmente portare una significativa riduzione dei costi della politica.