Si parla spesso di PMI e di come le aziende medie e piccole o meglio ancora piccole e piccolissime siano il vero cuore pulsante dell’economia italiana, questo cuore però è malato e necessita di interventi mirati, per continuare a battere.

Ci sono tante sfide che piccole e micro imprese si trovano ad affrontare nel quotidiano e troppo spesso vengono lasciate sole, anche dalla politica, nel farlo. Bisognerebbe, anche se non è facile, iniziare a ripensare in modo profondo e strutturale il modo di lavorare, fare impresa, guardare ad un mercato sempre più complesso e globale.

Aziende che funzionano poco o male, o peggio che chiudono, portano ad un impoverimento del Paese e all’aggravarsi di situazioni ormai tristemente ben note, come la bassa natalità e la dilagante precarietà del lavoro. Bisogna cercare di dare un concreto supporto alle micro, piccole e medie imprese produttive, nel creare un autentico valore aggiunto, per distaccarle così dalla logica del solo prodotto e da una filiera spesso basata sul subappalto, senza che ci siano più margini rilevanti.

Microimprese e politica, un rapporto da ricostruire

La politica sostiene il lavoro e l’impresa, ma spesso nel farlo si concentra su aziende grandi e medie, dedicandosi troppo poco, secondo molti, a quelle piccole e micro e questo rappresenta un bel problema per una realtà come quella italiana.

«La politica del Ministro Urso – afferma Marco Travaglini, fondatore di Consulente Pazienteappoggiata dal Governo […] sembrerebbe quella di finanziare un’innovazione molto alta” che riguarda soprattutto prodotti tecnologici e della green economy di medie e grandi imprese».

Il Made in Italy è senza dubbio un brand che va sostenuto e promosso all’estero, ma non deve passare solo da aziende di medie e grandi dimensioni, puntare solo su queste rischia, da un lato di dare una visione distorta del nostro sistema produttivo e dall’altro addirittura di danneggiarlo, visto che si lasciano sole quelle che numericamente (e non solo) sono le realtà produttive più rilevanti, ovvero quelle piccole o piccolissime, che sono però di gran lunga le più numerose e spesso le più vitali e dinamiche, se hanno i mezzi per continuare ad esserlo.

Da questa particolare visione, da questo pensiero (laterale) rispetto alla manovra finanziaria del 2024, è nata l’esigenza di scrivere una lettera aperta al Ministro delle Imprese e del Made in Italy che è possibile leggere integralmente a questo link. Qual è in sintesi la proposta avanzata nella stessa? L’idea è cercare di democratizzare servizi a valore aggiunto (ad alta intensità di conoscenza), a partire dalla consulenza, per sostenere e promuovere un nuovo, più moderno ed efficace modello di lavoro e di business.

Bisogna investire su tecnologie e sistemi che impattino concretamente sul lavoro, il tutto però abbassando il loro costo, non solo economico, ma anche emotivo e di effort, in modo che il piccolo imprenditore italiano possa avvicinarvisi. Bisogna che le PMI sappiano come entrare negli ecosistemi del nuovo modo di fare impresa, vengano affiancate e sostenute. L’Italia può crescere, restando competitiva nello scenario internazionale, solo se l’innovazione (tecnologica, ma anche metodologica) diventa davvero alla portata di tutti.